Domanda:
Devo acquistare la prima casa, quali sono i passi per avere accesso ad un mutuo a condizioni vantaggiose?
adei63
2008-01-02 11:31:12 UTC
Devo acquistare la prima casa, quali sono i passi per avere accesso ad un mutuo a condizioni vantaggiose?
Tre risposte:
gefinitalia
2008-01-03 05:36:55 UTC
1 Acquisto



L’hai scoperta dopo mesi di studio degli annunci economici dei quotidiani, ti è capitato per caso vedendo il cartello "vendesi" sul portone, ti è stata segnalata da un amico … comunque sia, hai trovato la casa che desideri. E – soprattutto – che desideri comprare. Già, perché tra il "fidanzamento" di un contratto di affitto e il "matrimonio" di un acquisto immobiliare la differenza è enorme, da molti punti di vista. Prima di tutto perché, se non proprio definitiva, si tratta comunque di una scelta importante: tieni conto, infatti, che nel comprare e vendere un immobile – indipendentemente dal prezzo concordato – si va comunque incontro a spese aggiuntive (il notaio, le imposte) decisamente significative. Cambiare idea dopo poco tempo, insomma, non è quasi mai conveniente. E poi, anche se può sembrare un’osservazione scontata, l’impegno economico richiesto per questo investimento è sicuramente notevole. Certo, l’utilizzo di un mutuo immobiliare può permetterti di ripartire la spesa sugli anni futuri. Si tratta di un "legame" che ti impegnerà per molto tempo a venire, del quale dovrai valutare molto attentamente il peso e le conseguenze. Proprio al mutuo e alle sue principali implicazioni pratiche è dedicata la guida che hai tra le mani. Bene, se la decisione dell’acquisto è presa, quella casa è la "tua" casa: sei destinato a diventare proprietario immobiliare. E adesso? Quali sono i passi necessari? Come funziona l’intero processo che ti porterà ad essere titolare del bene? Quali sono i possibili rischi a cui si può andare incontro e come mettersene al riparo? Esistono una serie di controlli preliminari che è sempre bene effettuare.





In primo luogo, per quanto possa sembrare scontato, è indispensabile valutare con grande attenzione il prezzo richiesto, confrontandolo con altre offerte analoghe nella zona o in zone paragonabili.

È anche necessario esaminare con estrema cura l’immobile per individuare tutti gli eventuali lavori necessari prima di poter traslocare. Un altro elemento da tenere presente è il tipo di acquisto che viene effettuato: è infatti possibile comprare una casa già esistente, oppure in costruzione, o ancora acquistare un immobile da una cooperativa; a seconda della formula, molti elementi differiscono, come il grado di rischiosità dell’operazione, il prezzo, la lunghezza del percorso di acquisto e – non ultimo – i tempi necessari per ottenere il mutuo.





L’agente immobiliare: come scegliere quello giusto

Spesso la casa viene acquistata tramite un agente immobiliare: un professionista che svolge un ruolo chiave e che – proprio per la sua esperienza e la sua specializzazione – può essere fonte di utili indicazioni e consigli. È quindi indispensabile affidarsi ad un professionista fidato e competente, controllando che risulti regolarmente iscritto al ruolo degli agenti immobiliari; l’iscrizione è infatti obbligatoria, gli elenchi sono pubblici e per consultarli basta rivolgersi all’ufficio mediatori della Camera di Commercio Industria e Artigianato della propria provincia. Una garanzia in più può venire anche dall’iscrizione a un’associazione di categoria (in particolare la FIMAA, la FIAIP o l’ANAMA), che impegna i suoi associati al rispetto di un preciso codice deontologico. È consigliabile concordare preventivamente (e per iscritto) la percentuale dovuta all’agenzia per la sua attività di intermediazione, verificando che questa corrisponda ai valori correnti nella zona. Se possibile, poi, è bene compiere qualche indagine sulla solidità finanziaria del venditore, accertandosi che non risulti soggetto protestato o fallito: in tali circostanze, infatti, il venditore potrebbe non essere in condizione di disporre liberamente del bene.





Abusi e condoni

Un’altra importante verifica riguarda la regolarità edilizia ed urbanistica dell’immobile: la casa che stai per acquistare deve essere realizzata nel pieno rispetto delle normative vigenti. Nel caso di immobili di nuova costruzione, è opportuno richiedere al costruttore copia della concessione edilizia. Nel caso di immobili già esistenti, inoltre, è necessario verificare che non siano stati effettuati, all’interno o all’esterno, lavori abusivi di alcun genere; è possibile chiedere la consulenza di un geometra per accertarsi della presenza di queste condizioni o del fatto che sia stato già ottenuto il condono per eventuali abusi.





Le basi dell’accordo di compravendita



Una volta deciso l’acquisto, concordato il prezzo con il venditore ed effettuati i controlli preliminari, si passa alla fase operativa. In teoria, l’unica operazione davvero necessaria è l’atto pubblico di vendita (il cosiddetto "rogito") stipulato dal notaio, con cui viene concretamente effettuata la compravendita immobiliare. Nella pratica, però, esigenze di vario tipo portano a far precedere questo momento da uno o più passaggi, nel corso dei quali si perfeziona progressivamente l’accordo. Il primo di questi passi è in genere costituito dalla "proposta irrevocabile di acquisto": un’offerta con cui il compratore si impegna ad acquistare l’immobile entro un determinato termine e ad un determinato prezzo (che risulta in questo modo "bloccato"), versando al venditore un importo a titolo di acconto. La proposta deve contenere tutti gli elementi necessari per definire il contratto che sarà stipulato: la descrizione del bene oggetto della promessa di acquisto, l’impegno ad acquistare con atto pubblico entro una data fissata, la dichiarazione che l’immobile è stato visto e piaciuto, il prezzo e le modalità previste per il pagamento, il termine di validità della proposta stessa (di norma 7-15 giorni). Si tratta in pratica della "fotografia" degli accordi tra le parti, che in tal modo non possono essere successivamente mutati (se non per volontà comune); ma non si può ancora parlare di contratto. Se la proposta non viene accettata dal venditore, la compravendita non si conclude e l’acconto viene restituito. In nessun caso, comunque, è indispensabile firmare "su due piedi": è buona norma, prima di sottoscrivere qualunque accordo, richiederne una copia per poterlo leggere e studiare con calma. Molte associazioni (come ad esempio la Ferderconsumatori o l’Adiconsum) forniscono a questo proposito una consulenza specialistica: ci si può rivolgere a loro per far esaminare la correttezza della formulazione dei vari accordi preliminari (proposta di acquisto e compromesso).





Il "cuore" della trattativa: il compromesso

Una volta che il venditore ha accettato la proposta di acquisto, si passa alla sottoscrizione in forma scritta del "compromesso": un contratto preliminare in cui entrambe le parti si impegnano a stipulare entro una certa data l’atto pubblico di compravendita. Questo accordo "intermedio" serve per creare un vincolo giuridico tra venditore ed acquirente in tutti quei casi (e sono la stragrande maggioranza) in cui le parti non sono ancora pronte per concludere il contratto definitivo: quando, ad esempio, non si è ancora conclusa l’istruttoria per la concessione del mutuo, o nel caso in cui la consegna dell’immobile all’acquirente avverrà in un secondo tempo. È questo, in sostanza, il punto nodale in cui si concretizza l’intera trattativa. Per questo motivo è bene prevedere tutte quelle indicazioni che permettano di chiarire ogni elemento dell’accordo: l’indicazione del bene (con relative piantine dettagliate), il prezzo e l’elenco di eventuali lavori o beni accessori inclusi nel prezzo, i termini e le modalità di pagamento, la data di consegna dell’immobile e le penali previste in caso di ritardi, la data prevista per la firma del rogito, la dichiarazione dell’assenza di ipoteche e di altri vincoli, la dichiarazione della regolarità della casa rispetto alla normativa edilizia e urbanistica. Al momento della sottoscrizione del compromesso, viene in genere versata una somma al venditore, che può essere a titolo di "acconto" o di "caparra confirmatoria".





Acconto o caparra?

Non si tratta di un semplice dettaglio di terminologia: il significato di questi due termini è molto diverso, e altrettanto diverse sono le conseguenze nel caso in cui il contratto definitivo non venisse stipulato.

Se quello che viene versato è un acconto, si tratta semplicemente di un anticipo sul prezzo da pagare, che deve essere restituito se la compravendita non viene definita.

Se invece gli importi vengono versati a titolo di “caparra confirmatoria”, il loro scopo è quello di sanzionare eventuali inadempimenti del compratore o del venditore: così, dopo il versamento della caparra se il compratore recede dall’impegno di acquistare l’immobile, il venditore è autorizzato a trattenere l’importo versato, mentre se è il venditore a recedere dall’impegno di vendere, dovrà versare alla controparte il doppio della caparra ricevuta. Al momento della consegna della casa, è bene anche assicurarsi la possibilità di compiere tutti i controlli attraverso un’analisi accurata: meglio quindi riservarsi un certo margine di tempo a questo scopo, prima di firmare il verbale di consegna.











Il contratto ufficiale: il rogito



A questo punto si arriva alla fase finale, quella della stipula del contratto di compravendita (il cosiddetto "rogito"); trattandosi di beni immobili, questo contratto deve essere stipulato obbligatoriamente davanti a un notaio (la cui scelta spetta sempre all’acquirente), nella forma di atto pubblico. In esso, il venditore deve, tra l’altro, garantire l’assenza di vizi (cioè di difetti dell’immobile tali da renderlo inadatta all’uso o da diminuirne sensibilmente il valore) e di evizione (dal fatto cioè che la casa risulti appartenere ad altri o che altri possano vantare su di essa diritti di ogni genere). È questo il momento in cui si perfeziona il passaggio di proprietà; è stato un processo complicato, ma ce l’hai fatta. Complimenti, ora la casa è tua!





Gli "altri" costi del comprare casa



Comprar casa, dicevamo, costa: e non solo per il prezzo dell’immobile in sé, ma anche per una serie di oneri accessori di cui è bene tener conto fin da subito, per evitarsi sgradite sorprese.

Tra le voci principali di cui tenere conto ci sono soprattutto il notaio (che dovrà stipulare l’atto pubblico di compravendita e che, prima di esso, dovrà effettuare tutte le necessarie visure catastali per accertare l’assenza di ipoteche e di altri vincoli sull’immobile) e le imposte previste sugli acquisti immobiliari, che variano a seconda della destinazione dell’immobile e del soggetto venditore. In ogni caso, le imposte sono applicate in base al valore del bene indicato nel rogito, purchè questo non risulti inferiore al cosiddetto "valore catastale" (pari alla rendita catastale dell’immobile moltiplicata per 110); in caso contrario, sarà quest’ultimo importo ad essere preso come base di calcolo.

Per conoscere in dettaglio le diverse aliquote previste, consulta il capitolo 9 di questa Guida.

Se poi per acquistare la casa hai intenzione di richiedere un mutuo, tieni conto che quest’ultimo comporta anche delle "spese di accensione", che sono richieste dalla banca a fronte delle analisi e delle indagini preliminare necessarie per decidere la concessione del prestito.





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Evitare un impegno eccessivo



Comprare casa è un investimento per il futuro. La tua nuova casa è il luogo dove abiterai per un periodo probabilmente lungo, ed è al tempo stesso un capitale che costituirà una parte significativa del tuo patrimonio. Inoltre è probabile che tu non disponga immediatamente dell’intera cifra necessaria all’acquisto della casa; è a questo che servono i mutui immobiliari, forme di prestito attraverso cui la banca anticipa il denaro necessario, a fronte del pagamento di interessi e del rilascio di apposite garanzie. Ma quanto denaro chiedere alla banca? La risposta non è così semplice come può apparire a prima vista, perché non si tratta tanto di “convincere” la banca a fidarsi di te e a fornirti la maggior quantità possibile di denaro, quanto piuttosto di capire bene – da qui ai prossimi anni – quale onere sei disposto ad affrontare per l’acquisto della casa. L’accensione di un mutuo, infatti, rappresenta un impegno importante che ti accompagnerà per un periodo di tempo oggettivamente lungo e che potrà incidere in modo significativo sul tuo tenore complessivo di vita. E allora un consiglio da non trascurare, affinché quello che appare oggi come un buon affare non si trasformi domani in un peso eccessivamente gravoso per te e per tutta la tua famiglia; è necessario effettuare un attento auto-esame della propria situazione, con particolare riguardo al reddito attuale, alle prospettive future e agli obiettivi che ci si propone, prima ancora di richiedere un colloquio preliminare con la banca. Parola d’ordine: realismo.







Gli elementi da considerare

Innanzitutto, è importante valutare la propria capacità reddituale e soprattutto misurare la propria capacità di risparmio: quale importo si percepisce, quante sono le persone in famiglia a possedere un reddito, in che misura le entrate ordinarie del nucleo familiare permettono di soddisfare quello che viene considerato un tenore di vita “adeguato”. In generale, una buona base per capire quanto si è in grado di restituire mensilmente viene dall’eventuale affitto che attualmente si paga. Certo, di molte cose si può fare a meno; ma considerato che un mutuo, per sua stessa natura, dura per molti anni, è bene non impegnarsi – sull’onda dell’entusiasmo per la “casa nuova” – in rinunce che nel corso del tempo potrebbero modificare drasticamente lo stile di vita cui si è abituati e che potrebbero di conseguenza rappresentare, anche dal punto di vista psicologico, un sacrificio decisamente pesante. Di una vacanza si può fare a meno, di “molte” vacanze si può cominciare a sentire la mancanza; non è necessario cambiare auto ogni due o tre anni, ma trovarsi forzatamente legati a un modello antiquato e inadeguato alle proprie esigenze può dare qualche problema… e così via.



La situazione di oggi e le previsioni per domani



Anche le prospettive future hanno il loro peso. Nell’immediato futuro, sono da considerare tutte le spese “extra” a cui si andrà incontro:

• il trasloco,

• l’arredamento,

• la sistemazione dei locali (e magari anche per il matrimonio).



Ma bisogna anche tener conto delle previsioni proiettate più avanti nel tempo: le entrate finanziarie previste negli anni a venire (ci si aspetta che i propri redditi aumentino? in quale misura? e con quale costanza? c’è rischio anche di annate “negative”?), l’organizzazione familiare (si hanno figli piccoli o si pensa di averne in seguito?), le aspettative sul tenore di vita (i maggiori guadagni attesi negli anni futuri riusciranno a compensare maggiori spese o maggiori esigenze?).





Costruirsi un mutuo "su misura"



Di tutti questi elementi bisogna tener conto al momento di stabilire il proprio budget di spesa per l’acquisto della casa e, di conseguenza, per individuare la formula di mutuo più adatta alle proprie esigenze. In genere, infatti, l’importo finanziato arriva al limite massimo dell’80% del valore dell’immobile, e se è vero che è anche possibile arrivare a farsi finanziare fino al 100% del costo dell’immobile, è vero per contro che questa formula potrebbe risultare troppo impegnativa e difficile da sostenere nel corso del tempo. Anche nelle decisioni relative alle altre condizioni bisogna sempre aver ben chiara la propria situazione in modo da evitare di trovarsi in seguito di fronte a impegni eccessivi. Come nel caso della scelta della durata del mutuo: un periodo più lungo rappresenta un impegno più duraturo e una maggiore spesa per interessi, ma al tempo stesso permette di diluire l’impegno e di prevedere rate periodiche di importo più ridotto.Analogamente, la scelta del tipo di tasso (fisso, variabile o misto) deve corrispondere alla propria capacità di preferire un impegno costante nel tempo, piuttosto che collegato a determinati parametri. Non esiste una regola universale valida per tutti, anche se, nella pratica, si sostiene spesso che la rata del mutuo non debba mai superare un terzo delle entrate nette. Poiché ciascuno ha differenti situazioni di partenza, aspettative, previsioni, priorità, è solo attraverso una valutazione personale attenta e completa che potrà essere identificata la formula migliore. Il primo inquilino della nuova casa, insomma, è proprio il mutuo: per evitare che diventi un ospite ingombrante, è necessario creare le condizioni per convivere tranquillamente.



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La durata del mutuo

Hai trovato la casa che desideri, hai deciso che sei disposto ad assumerti l’impegno finanziario che ne deriva e quindi sei pronto a richiedere un mutuo per il suo acquisto. Prima di lanciarti in questa impresa, allora, meglio avere ben chiaro a che cosa stai andando incontro. In primo luogo, che cosa si intende quando si parla di “mutuo”? In generale, e molto semplicemente, si tratta di un prestito; l’articolo 1813 del codice civile recita infatti: «Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità». Quando il mutuo viene richiesto ad una banca, a un istituto di credito o a una società finanziaria per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile, si parla di “credito fondiario”: in questo caso, il finanziamento si estende su un periodo di tempo medio-lungo (di norma da 5 a 20 anni, ma alcune formule prevedono una durata fino a 30 anni), è garantito da un’ipoteca di 1° grado (generalmente sullo stesso immobile oggetto dell’acquisto) e prevede un rimborso rateale. Evidentemente, a parità di importo finanziato, maggiore è la durata del mutuo e minore sarà l’importo delle singole rate; questo potrebbe rendere più facile l’acquisto di una casa anche nel caso in cui non si disponga di un reddito particolarmente elevato.





L’importo del finanziamento

Una delle caratteristiche-base di un mutuo immobiliare è l’importo del finanziamento: di norma, vengono accesi mutui per un importo pari al massimo all’80% del valore dell’immobile. A questo proposito, anche se in taluni casi e con la prestazione di garanzie aggiuntive è possibile ottenere mutui per il 100% del valore della casa, è importante evitare di “fare il passo più lungo della gamba”, assumendo un impegno compatibile con il normale regime di vita familiare.











I diversi tipi di tasso

Accanto alla durata e all’importo del finanziamento, un altro aspetto particolarmente importante è la scelta del tipo di tasso di interesse, che permette di identificare diverse formule: a tasso fisso, a tasso variabile, a tasso misto. Non esiste, tra tutti questi, una formula “migliore” o in assoluto più conveniente delle altre: molto dipende dalle caratteristiche individuali, dalle aspettative future, dalle esigenze specifiche. Per questo motivo, gli istituti di credito più innovativi dispongono di soluzioni che offrono un notevole grado di elasticità e che permettono di adeguarsi al meglio alle necessità del singolo cliente.I mutui a tasso fisso sono, sotto certi aspetti, quelli più semplici: il contratto prevede il pagamento di una rata costante, che rimane invariata per tutta la durata del prestito. Questa formula offre, da un lato, la certezza della spesa a cui si andrà incontro nei prossimi anni, eliminando i rischi legati all’andamento dei mercati finanziari e facilitando la pianificazione del budget familiare; inoltre, può rivelarsi una scelta vantaggiosa in periodi di crescita dell’inflazione. Per contro, di norma i mutui a tasso fisso risultano complessivamente più costosi di quelli a tasso variabile.





Lo spread



Nei mutui a tasso variabile, il tasso di riferimento si modifica secondo l’andamento di determinati indici economici; l’interesse applicato dalla banca è il risultato di due componenti: il “parametro di riferimento” (di norma il cosiddetto Euribor – Euro Interbanking Offered Rate), e lo “spread”, cioè una percentuale aggiuntiva applicata dalla banca, che varia da un istituto all’altro. In altri termini, il parametro di riferimento rappresenta il “costo” a cui la banca acquista il denaro, mentre lo spread è di fatto la sua percentuale di guadagno. Questa soluzione prevede quindi rate di importo variabile, in proporzione al variare dell’indice prescelto; il contratto prevede inoltre, in questo caso, la frequenza con la quale il tasso viene ricalcolato. Con questa soluzione ci si assume il rischio derivante dalle oscillazioni dei tassi di interesse; la scelta può rivelarsi particolarmente vantaggiosa nel caso in cui si preveda una diminuzione del tasso di inflazione (e, in parallelo, del costo del denaro).



Esiste anche la possibilità di non effettuare una scelta definitiva tra tasso fisso e variabile: i mutui a tasso misto permettono infatti di costruire una serie di soluzioni intermedie. C’è ad esempio la possibilità di stipulare un mutuo a tasso fisso per i primi anni, prevedendo poi la possibilità di rinegoziare l’accordo dopo un certo periodo passando a un mutuo a tasso variabile; questa soluzione consente di “familiarizzare” con questo tipo di impegno attraverso il pagamento, in una prima fase, di rate di importo costante, rinviando la scelta definitiva ad un momento successivo. Oppure può essere prevista la soluzione inversa, partendo da un tasso variabile per passare poi eventualmente al tasso fisso. Quello che abbiamo finora descritto è comunemente denominato “tasso a regime”, ovvero la modalità con la quale viene calcolato il tasso durante la vita del mutuo.



Per completare il discorso sui tassi è bene sapere che esiste anche il “tasso di ingresso”: un tasso applicato alle prime rate che non sempre è uguale al tasso a regime. Il tasso di ingresso, applicato di norma per un breve periodo iniziale, serve a determinare il “piano di ammortamento” di cui parleremo più avanti e, nelle formule cosiddette “discount”, può essere utilizzato per rendere più “leggere” le prime rate.





“Codice di Condotta Europeo sui Mutui Casa”,



Ma quanto costa, in totale, un mutuo? Da qualche tempo (e precisamente dal settembre 2002) è più facile scoprirlo: a partire da tale data, infatti, è entrato in vigore il “Codice di Condotta Europeo sui Mutui Casa”, sottoscritto dalla quasi totalità delle banche, che prevede l’utilizzo di moduli standard (i cosiddetti Esis – European Standardised Information Sheet) facilmente confrontabili tra loro e completi di tutte le caratteristiche del mutuo.Tra i dati esposti figura l’ISC, Indicatore Sintetico di Costo (quello che fino a poco tempo fa era denominato Taeg), che misura (in percentuale sull’ammontare del prestito) il costo effettivamente sostenuto per il finanziamento: al tasso di interesse applicato sono cioè sommate le principali spese accessorie, come le spese di istruttoria e apertura della pratica e le eventuali spese di riscossione dei rimborsi e incasso delle rate, escluse quelle per imposte e tasse.





Il calcolo delle rate: come, quando, quanto



Un’ulteriore caratteristica del mutuo è il programma di rimborso del prestito, chiamato “piano di ammortamento”, con cui viene definita la frequenza e il metodo di calcolo delle singole rate, stabilendo quale parte dell’importo complessivo deve essere considerata come rimborso del capitale e quale invece come pagamento degli interessi. Così come per il tipo di tasso, anche in questo caso sono disponibili diverse soluzioni, adatte a differenti esigenze e circostanze. La formula applicata più frequentemente è quella del cosiddetto “ammortamento alla francese” (o “a quota capitale progressiva”), in cui, con l’andare del tempo, la quota di interessi decresce progressivamente, a fronte di una maggiore quota che va a rimborsare il debito: questo perché, a mano a mano che si procede con i pagamenti, l’importo di capitale residuo su cui calcolare gli interessi è sempre più ridotto. Altre formule possono invece prevedere una maggiore elasticità nel rimborso del capitale, come nel caso del mutuo “libero” in cui si prevedono rate composte da soli interessi affiancate da un piano di rimborso del capitale entro una serie di scadenze predeterminate. Nel primo caso si ha il vantaggio della regolarità e prevedibilità delle scadenze; il secondo, invece, può rivelarsi vantaggioso nel caso in cui i redditi non seguano un andamento regolare e predeterminato e in cui siano prevedibili grosse entrate straordinarie, che permetterebbero di ridurre sensibilmente l’ammontare del debito residuo e dei conseguenti interessi su di esso.





Rate costanti e rate crescenti

Infine esistono formule che permettono di mantenere la rata costante anche in regime di tasso variabile (in questo caso le eventuali variazioni del tasso applicato modificano la durata del mutuo) o che generano invece rate crescenti (in cui la somma tra quota capitale e quota interessi cresce con il procedere del tempo, ad ogni rata o a scadenze prefissate).







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Le caratteristiche base per richiedere un mutuo



È il momento di entrare in azione: hai deciso di richiedere un mutuo per acquistare la tua casa. Ma come funziona, in pratica, l’intera procedura? “Come si fa” a chiedere un mutuo? I passaggi sono diversi e rischiano di apparire complessi e difficoltosi; in realtà, è sufficiente avere un quadro generale del processo per non rischiare di “perdersi” tra le diverse fasi. Di norma sono richiesti alcuni requisiti – peraltro molto semplici – per chiunque voglia richiedere un mutuo: essere cittadini italiani, o cittadini di stati membri dell’Unione Europea o cittadini stranieri (extra-UE) con residenza in Italia; inoltre è necessario avere un’età di almeno 18 anni e tale da non superare i 75 anni alla scadenza del mutuo. Una volta verificato di corrispondere a queste caratteristiche, può avere inizio il rapporto con la banca, che si sviluppa in cinque momenti diversi. Si inizia con un colloquio preliminare, in cui vengono analizzati gli elementi principali del rapporto e in cui viene dato un primo assenso – a livello verbale – sul fatto che esistano i presupposti per continuare l’operazione.





Cinque fasi per concludere l’operazione



Il passo successivo è quindi quello della presentazione della vera e propria “domanda di mutuo”, accompagnata dalla necessaria documentazione; su questa base si svolgerà poi la successiva “fase istruttoria”, in cui la banca valuterà a fondo la richiesta, le caratteristiche del richiedente e quelle dell’immobile – invitando eventualmente a presentare altra documentazione aggiuntiva. Se il tutto procede positivamente, la banca provvede ad emettere una “delibera di concessione del finanziamento”. A questo punto, il passaggio finale è quello della firma – davanti al notaio – del contratto di mutuo e della relativa ipoteca.È importante quindi fissare per prima cosa un colloquio preliminare con l’istituto di credito, nel corso del quale si potrà valutare il mutuo più adatto alle proprie caratteristiche: è fondamentale presentarsi all’appuntamento con un’idea ben chiara della propria situazione reddituale attuale, delle prospettive future e delle esigenze che si intendono soddisfare.





Che cosa richiedere alla banca



Per contro, la banca dovrà essere in grado di fornire informazioni chiare ed esaurienti su tutti gli aspetti dell’operazione: l’importo finanziabile, la durata, il tipo di tasso, le spese aggiuntive, i tempi. Si tratta quindi di un momento particolarmente importante, in cui viene realizzato il primo “filtro” alla richiesta di mutuo e in cui vengono definite le basi per l’intero rapporto successivo. A questo punto, è possibile richiedere alla banca il cosiddetto “Prospetto ESIS”, il modulo informativo (non vincolante per la banca) che raccoglie tutte le principali informazioni relative al prestito. Dal momento che si tratta di un formulario standardizzato a livello europeo, è possibile confrontare con facilità le opportunità offerte da diversi istituti di credito.











I documenti da presentare

Una volta verificato – attraverso il colloquio preliminare – che esistano le condizioni fondamentali perché il mutuo possa essere concesso, si passa alla presentazione della domanda di mutuo e della relativa documentazione, sulla base della quale la banca deciderà se procedere o meno all’erogazione del prestito. Per quanto gli elementi fondamentali rimangano sostanzialmente immutati è bene ricordare che ogni banca segue procedure differenti, per cui è consigliabile richiedere subito un elenco completo dei documenti necessari. In generale, le richieste della banca riguardano tre precise categorie informative. La prima comprende quanto serve a identificare con precisione il richiedente e il suo nucleo familiare: documento d’identità, codice fiscale, certificato di residenza, stato di famiglia, copia del provvedimento del tribunale nel caso di separazione o divorzio. Nella seconda categoria, particolarmente importante per il successivo processo di valutazione, è invece compreso quanto può essere utile a definire la situazione reddituale del richiedente; nel caso di lavoratori dipendenti, cedolino dello stipendio, copia del modello utilizzato per la dichiarazione dei redditi – CUD, 730 o “Unico” – e una dichiarazione del datore di lavoro che attesti l’anzianità di servizio del dipendente; nel caso di lavoratori autonomi, copia del modello “Unico” degli ultimi anni, estratto della Camera di Commercio Industria e Artigianato (CCIAA) e l’eventuale certificato di iscrizione a un albo professionale. La terza categoria, infine, riguarda le caratteristiche dell’immobile sul quale il mutuo dovrà essere concesso: un aspetto di grande rilevanza, dal momento che sarà proprio il bene (e quindi il suo effettivo valore) a costituire la garanzia della banca sulle somme date a mutuo; da questo punto di vista la documentazione comprende l’atto di provenienza dell’immobile, la planimetria con l’indicazione delle eventuali pertinenze (box, cantine, solai…) dell’immobile, il certificato di abitabilità, nonché una copia del preliminare di compravendita o “compromesso”.





La valutazione della banca



A cosa serve tutta questa esibizione di carte? Sostanzialmente, a valutare la “capacità di rimborso” del richiedente, quella che viene spesso chiamata dalle banche “meritevolezza di fido”: in questo senso, vengono valutati diversi fattori: il fatto che l’immobile acquistato possa costituire un’adeguata garanzia per l’importo richiesto, il fatto che il richiedente sia effettivamente in grado di sostenere l’impegno delle rate del mutuo e, più in generale, le sue caratteristiche personali a livello di buona fede, affidabilità e correttezza.





Il ruolo del notaio



A questo punto, la banca dispone di tutto ciò che le serve per effettuare le sue valutazioni e i suoi controlli: in genere, l’istituto provvede a richiedere al notaio una dichiarazione preliminare sul bene offerto in garanzia e una relazione tecnico-estimativa da parte di un perito. Dopo di che, se esistono le condizioni necessarie, viene deliberato il finanziamento e viene fissata la data per la stipula del contratto. Per legge, il contratto di mutuo deve essere stipulato nella forma di atto pubblico, davanti a un notaio, che assume il ruolo di garante della regolarità di tutte le condizioni previste dal contratto e che rilascia, al termine di tutte le operazioni necessarie, una copia del relativo atto notarile (l’originale resta invece presso il notaio stesso). La scelta del notaio spetta all’acquirente della casa, anche se, spesso, in mancanza di un professionista di fiducia sono le banche stesse ad indicare un notaio con cui hanno consolidati rapporti. Contemporaneamente alla stipula del contratto di mutuo, il notaio provvede anche ad accendere l’ipoteca sull’immobile oggetto della compravendita; dopo di che, entro i 10 giorni successivi all’avvenuta iscrizione dell’ipoteca nei registri immobiliari, la banca consegnerà all’acquirente l’importo del prestito. Per accelerare il versamento delle somme da parte della banca evitando ulteriori atti formali come l’“erogazione” e la “quietanza”, si fa spesso ricorso al cosiddetto “contratto unico”: in questo caso, dal punto di vista formale la somma risulta versata dalla banca all’acquirente dell’immobile già al momento della firma del contratto di mutuo. Il pagamento avviene per mezzo di assegni circolari che vengono dati in consegna al notaio e che vengono consegnati da quest’ultimo, senza ulteriori formalità, all’acquirente al momento dell’iscrizione dell’ipoteca (in genere da 3 a 5 giorni dopo la stipula dell’atto).







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Prima regola: chiedere aiuto agli esperti



La teoria, a questo punto, è chiara. Ma nella pratica, come fare per individuare la soluzione più adatta alle proprie esigenze? La prima indicazione è quella di rivolgersi a una banca seria e competente, dotata di una consolidata esperienza nel settore dei mutui immobiliari: sono proprio loro, professionisti specializzati in questo tipo di attività, a essere in grado di fornire le indicazioni operative più utili. E in realtà – pur essendo dal punto di vista formale “la controparte” – sono anche i soggetti più interessati a proporre una soluzione vantaggiosa: rientra nel pieno interesse della banca non solo concedere un mutuo, anziché negarlo (è questo il loro lavoro, in fin dei conti…) ma anche il proporre delle soluzioni che possano essere sostenute con relativa facilità dal cliente, garantendosi così una regolarità nel pagamento delle rate.





Gli elementi da tenere d’occhio



Esperti a parte, ci sono comunque alcune regole logiche che meritano di essere tenute presenti quando si definiscono le caratteristiche del proprio mutuo.



La durata. In termini di durata del finanziamento, esistono formule sino ai 30 anni: poiché è necessario non superare i 75 anni di età alla data della scadenza del mutuo, è evidente che – oltre a considerazioni circa l’importo delle singole rate e dell’ammontare degli interessi – bisogna tener ben presente la propria situazione personale, “disegnandosi addosso” la durata che meglio corrisponda alle proprie caratteristiche.



L’importo. La cifra massima normalmente concessa dalle banche, si è detto, è in genere l’80% del valore complessivo dell’immobile. Più alto è l’importo richiesto, più maturano interessi consistenti su di esso: meglio fare attenzione, quindi, a calibrare bene questo elemento in rapporto alla durata del prestito, che rischia di agire da fattore moltiplicatore dell’impegno finanziario.





Tasso fisso o variabile?

Inoltre, bisogna tenere presente che livelli di indebitamento elevati rispetto al proprio tenore di vita sono difficilmente sostenibili a lungo termine.



I tassi. La regola-base è chiara: i tassi variabili sono meno costosi, ma meno prevedibili nel loro andamento (e quindi nell’importo delle rate nel corso del tempo); i tassi fissi, per contro, permettono di pianificare con precisione il proprio impegno finanziario, ma risultano normalmente più costosi delle soluzioni a tasso variabile. Molto dipende dalla situazione di partenza in cui ci si trova a stipulare il mutuo, e in particolare dal livello dei tassi di interesse: se questi si trovano già a un livello piuttosto elevato, stipulare un mutuo a tasso fisso può rivelarsi particolarmente oneroso e annullare completamente i vantaggi derivanti da una possibile discesa di questi indicatori negli anni successivi mentre, per converso, se si trovano a livelli molto bassi (e quindi non è probabile che possano ulteriormente ridursi in modo significativo) anche la soluzione a tasso fisso può rivelarsi competitiva. E poi, c’è da fare i conti con tutte “le altre” spese a cui si andrà incontro: il trasloco, i lavori di manutenzione – dall’imbiancatura ai controlli all’impianto elettrico – indispensabili prima di entrare effettivamente nei locali (che, senza arrivare a vere e proprie ristrutturazioni, rischiano comunque di rivelarsi decisamente onerosi), l’arredamento… Di norma, per tutti questi motivi (e anche perché il reddito individuale tende comunque ad aumentare nel corso del tempo) è proprio il primo periodo ad essere particolarmente oneroso per chi stipula un mutuo.





Facilitazioni per il primo periodo

Se non si dispone di risparmi che permettano di superare facilmente questa fase, o se non si prevedono nel breve termine significative entrate di denaro “extra”, ci si può orientare anche verso soluzioni che prevedano un periodo iniziale a “tasso discount” o addirittura con rate di soli interessi.



Il piano di ammortamento. Per quanto riguarda le modalità e i tempi di rimborso del prestito, molto dipende dal tipo di lavoro – e quindi di reddito – del contraente: i lavoratori dipendenti possono in genere prevedere con ragionevole approssimazione lo sviluppo del proprio reddito nel corso del tempo; reddito che, di norma, segue uno sviluppo costante, senza particolari “picchi” in un senso o nell’altro. Al contrario, i lavoratori autonomi possono avere variazioni anche molto significative da un anno all’altro: in quest’ultimo caso può rivelarsi particolarmente utile una formula che preveda il pagamento di rate composte da soli interessi, e che lasci invece una maggiore libertà ed elasticità nei tempi e negli importi del rimborso del capitale.





Rivendere casa prima della scadenza del mutuo



Ma non è finita qui: oltre alle caratteristiche-base, tutti i contratti di mutuo prevedono una serie di elementi aggiuntivi che devono essere studiati con grande attenzione. Alcuni di essi, infatti, possono offrire opportunità interessanti per le proprie esigenze; ma, al contrario, vi sono vincoli che potrebbero rivelarsi in futuro estremamente onerosi. Ecco alcuni elementi da valutare e soppesare prima di stipulare il contratto:



Accollo di mutuo.

Può accadere – e di fatto accade con una certa frequenza – che un immobile venga venduto prima del termine del mutuo e che il nuovo acquirente della casa sia interessato a subentrare al precedente proprietario nel suo rapporto con la banca, assumendo gli obblighi derivanti dal residuo del mutuo che resta da pagare. In questo caso si verifica il cosiddetto “accollo del mutuo”.L’accollo prevede che anche il primo contraente resti impegnato nei confronti della banca creditrice accanto al nuovo acquirente (l’accollo, si dice, ha carattere cumulativo e non liberatorio): questo significa che se il nuovo proprietario non è in grado di rimborsare il mutuo, sarà l’originario contraente a dover provvedere nei confronti della banca. C’è comunque la possibilità di richiedere alla banca di essere liberati da questo vincolo. In questo caso la banca, per dare il proprio assenso, dovrà valutare la capacità di credito del nuovo proprietario. In generale, non potendo prevedere con assoluta certezza gli avvenimenti degli anni a venire e non potendo quindi prevedere se ci si troverà nell’opportunità di cedere l’immobile prima della fine del mutuo, è necessario verificare che il contratto non preveda ulteriori limiti alla facoltà di vendere.Alcuni contratti, infatti, prevedono addirittura il divieto di vendita della casa prima della completa estinzione del prestito: un vincolo di cui è bene richiedere l’eliminazione o, quantomeno, la limitazione a un ragionevole lasso di tempo (ad esempio per i primi 5 anni dalla stipula del mutuo).





I ritardi costano...



Interessi di mora per ritardato pagamento.



In caso di ritardato pagamento di una o più rate del mutuo, è prevista l’applicazione di interessi di mora: è necessario stabilire per iscritto l’ammontare di questi interessi, che non possono comunque essere cumulati con quelli normalmente previsti dal contratto.





...ma anche gli "anticipi"



Penali per estinzione anticipata.



È bene verificare che il contratto preveda la possibilità di estinguere il mutuo in anticipo rispetto alla scadenza concordata. Questo può rivelarsi utile sia nel caso di vendita dell’immobile prima della scadenza del finanziamento, sia nel caso si intenda procedere a una rinegoziazione del mutuo stesso. In questa ipotesi, però, la banca prevede di norma l’applicazione di una penale, misurata in percentuale sul debito residuo (compresa in genere tra l’1% e il 4%).

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Le spese di istruttoria

Per avere un’idea chiara e precisa degli oneri a cui si va incontro nello stipulare un mutuo, è necessario ricordarsi che gli interessi non sono in realtà gli unici costi connessi a questo contratto. Vi sono anche una serie di spese aggiuntive, spesso di importo tutt’altro che trascurabile, di cui è bene tenere conto. Anche perché, essendo in gran parte concentrate in un breve periodo – quello iniziale – il loro peso rischia di farsi sentire in modo ancor più marcato. In primo luogo, ci sono le spese di istruttoria e perfezionamento della pratica, che rappresentano il rimborso dei costi sostenuti dalla banca per acquisire la documentazione necessaria, effettuare i controlli e analizzare l’opportunità di concedere o meno il finanziamento. L’importo può essere rappresentato da una cifra fissa oppure da una percentuale sull’importo erogato e, a volte, viene richiesto anche nel caso in cui il finanziamento non venga concesso. La maggior parte delle banche, comunque, addebita le spese soltanto se l’operazione viene perfezionata; in ogni caso è bene informarsi in anticipo.





La perizia del tecnico

C’è poi il costo della perizia sul valore dell’immobile: questa operazione è effettuata di norma da un tecnico di fiducia dalla banca. Dal momento che la perizia avviene quando l’acquisto non è ancora stato effettuato, si tratta comunque di un’operazione di estremo interesse per entrambe le parti: tanto per la banca, che verifica la reale consistenza della garanzia sul prestito che effettuerà, quanto per il futuro acquirente, che potrà disporre di una stima oggettiva del valore del bene, da confrontare con il prezzo richiesto dal venditore, oltre ad un controllo competente su eventuali anomalie o abusi edilizi.





La parcella del notaio

Una voce particolarmente significativa è poi costituita dalle spese notarili, che comprendono sia il vero e proprio onorario del notaio, sia le imposte dovute allo Stato per gli accordi contenuti nel contratto (in particolare per quanto riguarda l’iscrizione dell’ipoteca), oltre ai diritti e alle spese connessi alla pratica. Vi sono diversi elementi che influenzano la parcella del notaio, tra cui il tipo di atto e il suo grado di complessità, l’ente che eroga il mutuo, l’importo dell’ipoteca; in ogni caso, mentre le imposte sono dovute in misura fissa, l’onorario del notaio può variare considerevolmente tra un professionista e l’altro, sia pure all’interno di importi massimi e minimi previsti da un apposito tariffario. Poiché la scelta del notaio a cui rivolgersi spetta al richiedente del mutuo, può essere opportuno richiedere diversi preventivi e metterli poi a confronto tra loro prima di decidere lo studio notarile a cui rivolgersi.



Sono inoltre da conteggiare i costi relativi all’assicurazione contro l’incendio, che deve essere obbligatoriamente stipulata dall’acquirente dell’immobile e l’eventuale costo previsto per il pagamento delle singole rate.



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La somma di denaro che la banca ti ha anticipato per l’acquisto della tua nuova casa è, una somma importante: ciò che ha reso possibile la concessione di questo prestito, oltre alla verifica della tua capacità di pagare le rate alla loro scadenza, è il fatto che la banca dispone di una precisa garanzia, costituita dall’ipoteca sull’immobile che hai acquistato.



In termini giuridici, l’ipoteca è “un diritto reale di garanzia su beni immobili o mobili registrati”. Grazie all’ipoteca, nel caso in cui il mutuo non venisse rimborsato la banca ha il diritto di espropriare il bene (in questo caso l’immobile) dato in garanzia, venderlo all’asta e saldare con il ricavato il proprio credito. Le ipoteche vengono iscritte presso un apposito “Registro degli immobili”, liberamente consultabile dal pubblico, nella località in cui l’immobile stesso si trova; nel caso lo stesso immobile venga dato in garanzia a più creditori, questi vengono “messi in fila” secondo l’ordine in cui le varie ipoteche vengono iscritte. Si parla così di ipoteca di primo grado, di secondo, di terzo… Solo l’ipoteca di primo grado (che prevede la priorità assoluta in caso di esproprio del bene) è in genere considerata una garanzia valida per l’accensione di un mutuo immobiliare. L’iscrizione dell’ipoteca deve essere effettuata dal notaio e si estende anche alle cosiddette “pertinenze” dell’immobile, cioè quelle parti distinte (box, cantina, garage, solaio...) che vengono però considerate parte integrante dell’unità immobiliare. Perché, allora, a fronte di un finanziamento pari solo ad una percentuale del valore complessivo dell’immobile (mai superiore all’80%) l’ipoteca viene iscritta per una cifra spesso molto superiore (dal 150% al 300%) a questo importo? Semplicemente perché questa garanzia non copre soltanto il capitale dato a mutuo, ma anche una serie di elementi aggiuntivi: gli interessi, gli eventuali interessi di mora per ritardato pagamento delle rate, le assicurazioni, le spese notarili, le imposte, le eventuali spese legali che la banca dovesse sostenere per riscuotere il credito.





Cancellare l’ipoteca

Una volta iscritta, l’ipoteca ha una durata “standard”: 20 anni, al termine dei quali si può procedere al suo rinnovo – nel caso il contratto di mutuo sia ancora in vigore – oppure si verifica la sua estinzione automatica. Se il mutuo ha una durata inferiore ai 20 anni è anche possibile richiedere la cancellazione ufficiale una volta estinto il debito; questa operazione, però, presenta dei costi rilevanti, per cui se non vi sono motivi particolari – come ad esempio in caso di vendita dell’immobile – si preferisce in genere lasciare che questa garanzia (peraltro “vuota” di contenuto, dal momento che la banca non ha più alcun credito da vantare) arrivi alla sua normale scadenza.





Garanzie da terzi: la fidejussione

In aggiunta all’ipoteca, è possibile che la banca richieda, in taluni casi, ulteriori garanzie aggiuntive. In questo ambito, la formula più utilizzata è quella della “fidejussione”, che deve essere concessa per iscritto: in questo caso, una terza persona si fa garante nei confronti della banca a favore del soggetto che stipula il mutuo. Il che significa che se quest’ultimo si rivelerà inadempiente nei pagamenti, la banca potrà richiedere gli importi direttamente al fidejussore. È bene sapere che le banche per erogare finanziamenti superiori all’80% possono richiedere forme di garanzia aggiuntiva, tra le quali il pegno su titoli e la “polizza fidejussoria”,emessa da una Compagnia di Assicurazioni abilitata, che coprano la parte di finanziamento che eccede l’80%.





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Caratteristiche dell’immobile e del mutuatario

Comprare casa è impegnativo,ma – anche dal punto di vista finanziario – ci sono alcuni aspetti positivi. L’acquisto della cosiddetta “prima casa” è infatti incoraggiato dallo Stato, che ha previsto per questo tipo di operazioni una serie di agevolazioni fiscali. La condizione principale è che si tratti della propria abitazione principale, utilizzata come dimora abituale: per godere di questo “trattamento di favore” da parte del Fisco sono perciò previsti una serie di precisi requisiti. In primo luogo, l’acquisto deve riguardare una casa d’abitazione non qualificata come “di lusso”. L’immobile deve trovarsi nel comune in cui l’acquirente ha la propria residenza (o comunque in cui stabilirà la residenza entro 18 mesi dall’acquisto), oppure – se diverso da quello di residenza – nel comune in cui l’acquirente svolge la sua attività lavorativa; questa limitazione non si applica se l’acquirente viene trasferito all’estero per ragioni di lavoro. Inoltre, l’acquirente non deve essere proprietario (neppure in comunione con il coniuge) di altri immobili in quello stesso comune. Infine, non deve avere acquistato in precedenza alcun altro immobile, sull’intero territorio nazionale, godendo delle agevolazioni previste per la “prima casa”. Rientrano nel regime di agevolazioni anche tutte le “pertinenze” dell’immobile (cantine, box, posti auto), anche se acquistate con atto diverso, purchè siano destinate a servizio dell’abitazione principale.





L’acquisto della casa: da privato o da impresa, l’imposta cambia

Ma quali sono le imposte da pagare per l’acquisto di una casa? Una differenza fondamentale è data dalla qualifica del venditore: se si tratta di un privato o se invece si acquista l’immobile da un’impresa. Nel primo caso è necessario pagare l’imposta di registro, calcolata sul prezzo dichiarato nell’atto di vendita: l’aliquota dell’imposta, se si tratta di acquisto di “prima casa”, è del 3%, contro il 10% previsto dall’aliquota “normale”. A questo si aggiunge il pagamento dell’imposta ipotecaria e dell’imposta catastale, ciascuna dell’importo fisso di 129,11 euro (se non si trattasse di “prima casa”, queste imposte ammonterebbero rispettivamente al 2% e all’1% del valore dell’immobile). Se invece la casa viene venduta da un’impresa l’imposta di registro viene calcolata in misura fissa, anch’essa di 129,11 euro; ad essa si sommano le imposte ipotecarie e catastali (anche in questo caso pari a 129,11 euro ciascuna) e l’IVA, che nel caso di “prima casa” è pari al 4% (contro il normale 10% previsto per le compravendite immobiliari) del valore dichiarato nell’atto di vendita. Attenzione, però: queste agevolazioni sono revocabili (con in più il pagamento di una sovrattassa pari al 30% delle imposte dovute) se la “prima casa” viene rivenduta nell’arco di cinque anni, a meno che nell’arco di un anno dalla vendita non venga acquistato un altro immobile da adibire ad abitazione principale.





Interessi detraibili dall’imposta sul reddito

Ma non è tutto: anche per quanto riguarda gli interessi passivi pagati per il mutuo della “prima casa” il Fisco prevede delle forme di agevolazione che si traducono in un risparmio sull’Irpef dovuta. Le regole sono diverse a seconda che si tratti di mutui per acquisto o per costruzione o ristrutturazione dell’immobile. In caso di mutuo per acquisto, è possibile detrarre il 19% di interessi passivi, oneri accessori (ma limitatamente al primo anno del mutuo) e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione; il tutto a condizione che si tratti di un mutuo garantito da ipoteca e che l’immobile sia adibito ad abitazione principale entro 12 mesi dall’acquisto (le norme, in questo caso, sono più “larghe” di quelle relative all’acquisto: per dimora principale si intende infatti l’abitazione abituale del contribuente o di suoi familiari). L’importo massimo su cui calcolare la detrazione del 19% è di 3.615,20 euro; per le somme che eventualmente eccedessero tale importo non è invece prevista alcuna detrazione.A questo proposito, normalmente la banca emette ogni anno una certificazione riassuntiva degli importi pagati, da utilizzare per la compilazione della dichiarazione dei redditi. Nel caso invece di mutui ipotecari per la costruzione o la ristrutturazione dell’abitazione principale, l’importo massimo su cui calcolare la detrazione del 19% è di 2.582,28 euro. Per ottenere questa agevolazione fiscale è necessario che i lavori di costruzione abbiano inizio nei sei mesi precedenti o successivi alla stipula del mutuo e che l’immobile sia adibito ad abitazione principale entro sei mesi dalla fine dei lavori.



LE IMPOSTE SULL’ACQUISTO DELLA "PRIMA CASA"

Acquisto da privato Acquisto da impresa



Imposta di registro 3% 129,11 euro

Imposta ipotecaria 129,11 euro 129,11 euro

Imposta catastale 129,11 euro 129,11 euro

IVA 4%



DETRAZIONI IRPEF SUL MUTUO "PRIMA CASA"

Mutuo per acquisto Mutuo per ristrutturazione



19% degli interessi

fino a max 3.615,20 euro 19% degli interessi

fino a max 2.582,28 euro





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I documenti per la domanda

E tu, invece? Tu sei – o credi di essere – un caso a parte: la casa l’hai già e non hai intenzione di cambiarla. Anche se, parliamoci chiaro, molte cose si potrebbero migliorare: dagli infissi ai bagni, dall’impianto elettrico a una nuova e più razionale distribuzione dei locali… tanti lavori che ti permetterebbero di avere una casa davvero “come nuova”.

La logica di un intervento di ristrutturazione di un immobile di proprietà, d’altra parte, non è diversa da quella dell’acquisto di una casa: anche in questo caso si tratta di un investimento destinato a durare nel tempo, che ti consente di godere meglio del bene e al tempo stesso di aumentare il valore del tuo patrimonio. Non a caso, anche per l’effettuazione di lavori di ristrutturazione – i cui costi sono in genere di importo tutt’altro che trascurabile – è possibile richiedere alla banca un mutuo, analogamente a quanto avviene per l’acquisto dell’immobile.



Come funziona la procedura, in questo caso? I passaggi sono gli stessi previsti per la richiesta di mutuo per l’acquisto di un immobile; con la differenza che è necessario produrre – oltre alla consueta documentazione – anche tutti quei documenti destinati a fornire alla banca le necessarie indicazioni sul tipo di lavori da effettuare, sul loro costo e sull’esistenza delle eventuali autorizzazioni da parte dell’amministrazione comunale. Esistono infatti diversi tipi di intervento, ciascuno caratterizzato da un diverso grado di complessità e da un diverso insieme di certificati da presentare alla banca.



Il caso più semplice è quello della cosiddetta manutenzione ordinaria: si tratta di lavori che non modificano né l’aspetto esterno dell’edificio, né la disposizione delle pareti interne. Gli esempi sono innumerevoli: rifacimento di pavimenti o di rivestimenti in piastrelle, sostituzione delle finiture interne, installazione di nuovi serramenti o di grate alle finestre (purché non si modifichi l’aspetto estetico preesistente), rifacimento della facciata con l’utilizzo degli stessi materiali... Anche i lavori di rifacimento del tetto, dei pluviali e delle grondaie rientrano in questa categoria, purché le caratteristiche tecniche vengano mantenute inalterate. Per questo tipo di lavori non è necessario presentare alcuna domanda o segnalazione al Comune; in ogni caso il proprietario dell’immobile è responsabile della regolarità dei lavori, in particolare per quanto riguarda le norme di sicurezza e di igiene. Nel caso di interventi sull’impianto elettrico o del gas, è indispensabile richiedere l’intervento di personale qualificato, che al termine dei lavori dovrà rilasciare un certificato di conformità alle norme di legge.





Lavori “correnti”: basta il preventivo

Per richiedere un mutuo per l’effettuazione di questo tipo di lavori, è quindi sufficiente aggiungere alla documentazione già prevista anche un “preventivo di spesa” realizzato dall’impresa incaricata di effettuare i lavori o da un professionista abilitato.





Per interventi di rilievo serve la DIA

Diverso è invece il caso della manutenzione straordinaria, che rientra ugualmente tra quelle che vengono considerate “opere edilizie minori”, ma che comprende anche interventi destinati a modificare la pianta dell’edificio e/o il suo aspetto esterno, oltre a quelli riguardanti il consolidamento, il rinnovamento e la sostituzione di parti della struttura (anche portanti) dell’edificio. Esempi tipici possono essere l’abbattimento di una parete tra due locali o la divisione di un unico locale in due stanze separate; l’unificazione di due appartamenti distinti in un’unica unità immobiliare (o viceversa); gli interventi su muri di sostegno, architravi, solette; la realizzazione di nuovi servizi igienici. In questi casi è necessario presentare al Comune un progetto edilizio, unito a una domanda di autorizzazione edilizia o a una “denuncia di inizio attività” (DIA); quest’ultima deve essere realizzata da un professionista che – sotto sua responsabilità – attesti che i lavori da svolgere siano conformi al regolamento edilizio comunale.



Questa stessa documentazione (progetto edilizio e domanda di autorizzazione edilizia al Comune o DIA), unita al consueto “preventivo di spesa”, dovrà essere presentata alla banca in occasione della richiesta del mutuo.





Interventi radicali solo a seguito di concessione edilizia

Un’ultima categoria di intervento riguarda la ristrutturazione con grandi opere. In questa definizione rientrano tutti quei lavori che riguardano un edificio nella sua interezza e che comportano modifiche sostanziali: cambio d’uso, aspetto estetico, dimensione dell’edificio, fino alla completa ricostruzione dell’immobile. Questi interventi, considerati “grandi opere”, possono essere realizzati solo a seguito di una specifica concessione edilizia e di un versamento a titolo di contributo al Comune. La documentazione per la richiesta di mutuo, di conseguenza, dovrà comprendere oltre al “preventivo di spesa”, anche la concessione edilizia e la ricevuta del contributo all’amministrazione comunale.





Interessi passivi: fisco più leggero

Anche dal punto di vista fiscale, una ristrutturazione può rivelarsi conveniente. La legge prevede infatti che, nel caso di mutui per interventi di ristrutturazione soggetti a concessione edilizia, sia possibile detrarre dall’imposta sul reddito un importo pari al 19% di interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione (conteggiati fino a un massimo di 2.582,28 euro e quindi con una detrazione massima di 490 euro). Inoltre, la Finanziaria 2004 ha ulteriormente prorogato la possibilità di detrarre le spese di ristrutturazione: per tutto il 2004 sarà così possibile detrarre dall’Irpef il 41% delle spese per manutenzione, restauro e ristrutturazione dell’immobile, fino a un “tetto” massimo di spesa di 60.000 euro.

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I documenti per la domanda

E tu, invece? Tu sei – o credi di essere – un caso a parte: la casa l’hai già e non hai intenzione di cambiarla. Anche se, parliamoci chiaro, molte cose si potrebbero migliorare: dagli infissi ai bagni, dall’impianto elettrico a una nuova e più razionale distribuzione dei locali… tanti lavori che ti permetterebbero di avere una casa davvero “come nuova”. La logica di un intervento di ristrutturazione di un immobile di proprietà, d’altra parte, non è diversa da quella dell’acquisto di una casa: anche in questo caso si tratta di un investimento destinato a durare nel tempo, che ti consente di godere meglio del bene e al tempo stesso di aumentare il valore del tuo patrimonio. Non a caso, anche per l’effettuazione di lavori di ristrutturazione – i cui costi sono in genere di importo tutt’altro che trascurabile – è possibile richiedere alla banca un mutuo, analogamente a quanto avviene per l’acquisto dell’immobile.



Come funziona la procedura, in questo caso? I passaggi sono gli stessi previsti per la richiesta di mutuo per l’acquisto di un immobile; con la differenza che è necessario produrre – oltre alla consueta documentazione – anche tutti quei documenti destinati a fornire alla banca le necessarie indicazioni sul tipo di lavori da effettuare, sul loro costo e sull’esistenza delle eventuali autorizzazioni da parte dell’amministrazione comunale. Esistono infatti diversi tipi di intervento, ciascuno caratterizzato da un diverso grado di complessità e da un diverso insieme di certificati da presentare alla banca.



Il caso più semplice è quello della cosiddetta manutenzione ordinaria: si tratta di lavori che non modificano né l’aspetto esterno dell’edificio, né la disposizione delle pareti interne. Gli esempi sono innumerevoli: rifacimento di pavimenti o di rivestimenti in piastrelle, sostituzione delle finiture interne, installazione di nuovi serramenti o di grate alle finestre (purché non si modifichi l’aspetto estetico preesistente), rifacimento della facciata con l’utilizzo degli stessi materiali... Anche i lavori di rifacimento del tetto, dei pluviali e delle grondaie rientrano in questa categoria, purché le caratteristiche tecniche vengano mantenute inalterate. Per questo tipo di lavori non è necessario presentare alcuna domanda o segnalazione al Comune; in ogni caso il proprietario dell’immobile è responsabile della regolarità dei lavori, in particolare per quanto riguarda le norme di sicurezza e di igiene. Nel caso di interventi sull’impianto elettrico o del gas, è indispensabile richiedere l’intervento di personale qualificato, che al termine dei lavori dovrà rilasciare un certificato di conformità alle norme di legge.





Lavori “correnti”: basta il preventivo

Per richiedere un mutuo per l’effettuazione di questo tipo di lavori, è quindi sufficiente aggiungere alla documentazione già prevista anche un “preventivo di spesa” realizzato dall’impresa incaricata di effettuare i lavori o da un professionista abilitato.





Per interventi di rilievo serve la DIA

Diverso è invece il caso della manutenzione straordinaria, che rientra ugualmente tra quelle che vengono considerate “opere edilizie minori”, ma che comprende anche interventi destinati a modificare la pianta dell’edificio e/o il suo aspetto esterno, oltre a quelli riguardanti il consolidamento, il rinnovamento e la sostituzione di parti della struttura (anche portanti) dell’edificio. Esempi tipici possono essere l’abbattimento di una parete tra due locali o la divisione di un unico locale in due stanze separate; l’unificazione di due appartamenti distinti in un’unica unità immobiliare (o viceversa); gli interventi su muri di sostegno, architravi, solette; la realizzazione di nuovi servizi igienici. In questi casi è necessario presentare al Comune un progetto edilizio, unito a una domanda di autorizzazione edilizia o a una “denuncia di inizio attività” (DIA); quest’ultima deve essere realizzata da un professionista che – sotto sua responsabilità – attesti che i lavori da svolgere siano conformi al regolamento edilizio comunale.



Questa stessa documentazione (progetto edilizio e domanda di autorizzazione edilizia al Comune o DIA), unita al consueto “preventivo di spesa”, dovrà essere presentata alla banca in occasione della richiesta del mutuo.





Interventi radicali solo a seguito di concessione edilizia

Un’ultima categoria di intervento riguarda la ristrutturazione con grandi opere. In questa definizione rientrano tutti quei lavori che riguardano un edificio nella sua interezza e che comportano modifiche sostanziali: cambio d’uso, aspetto estetico, dimensione dell’edificio, fino alla completa ricostruzione dell’immobile. Questi interventi, considerati “grandi opere”, possono essere realizzati solo a seguito di una specifica concessione edilizia e di un versamento a titolo di contributo al Comune. La documentazione per la richiesta di mutuo, di conseguenza, dovrà comprendere oltre al “preventivo di spesa”, anche la concessione edilizia e la ricevuta del contributo all’amministrazione comunale.





Interessi passivi: fisco più leggero

Anche dal punto di vista fiscale, una ristrutturazione può rivelarsi conveniente. La legge prevede infatti che, nel caso di mutui per interventi di ristrutturazione soggetti a concessione edilizia, sia possibile detrarre dall’imposta sul reddito un importo pari al 19% di interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione (conteggiati fino a un massimo di 2.582,28 euro e quindi con una detrazione massima di 490 euro). Inoltre, la Finanziaria 2004 ha ulteriormente prorogato la possibilità di detrarre le spese di ristrutturazione: per tutto il 2004 sarà così possibile detrarre dall’Irpef il 41% delle spese per manutenzione, restauro e ristrutturazione dell’immobile, fino a un “tetto” massimo di spesa di 60.000 euro.

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Se ti senti più sicuro nelle tue scelte, se hai qualche dubbio in meno e qualche elemento di valutazione in più, se l’acquisto di una casa ti appare ora come un processo logico anziché come un percorso a ostacoli, vuol dire che siamo riusciti nel nostro intento: consentirti di affrontare uno degli impegni più importanti della tua vita in modo informato e consapevole.



E se questo volumetto ti è stato utile, fallo conoscere anche ai tuoi amici che hanno progetti simili (attento a prestarlo, però: in questo caso, le garanzie per la restituzione sarebbero davvero poche…).



Ora hai tutte le informazioni che ti servono per scegliere il mutuo giusto per te … senza farti incantare.
SIMONE S
2008-01-02 12:10:59 UTC
Beh la cosa non è particolarmente difficile. Cerca il mutuo con il TAEG minore...infatti è il tasso comprensivo delle commissioni d'istruttoria e spese varie. Ti consiglio i siti internet dove si possono valutare differenti ipotesi. Tra le tante cose okkio ai conto che dovrai aprire presso l'istituto bancario dove accendi il mutuo....fatti fare le condizioni piu' basse. Spero di esserti stato d'aiuto se avessi bisogno io son qua' :-) ah tra l'altro: vuoi sapere qual'è il tasso migliore?? Non ce ne sono di migliori rispetto ad altri occorre valutare : durata e specifiche personali sul finanziamento...ciaoooooooooooo
Otti
2008-01-02 11:39:42 UTC
acquisto prima casa e importo del mutuo inferiore all'80% del valore/prezzo di acquisto dell'immobile. Questi i requisiti principali per poter agevolare delle promozioni attualmente proposte dai diversi istituti bancari. Per il resto sta a te cercare quella piu' conveniente, utilizzando internet ma anche l'arte della negoziazione diretta ! Nota che in fase di confronto preventivi, non conta quello che riporta la rata piu' bassa ma quello che ti applica lo spread inferiore sul tasso (fisso o variabile, a seconda di cosa scegli)!Ciao


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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